copertina 22

 

VociNuvola21

 

VOCI
Rivista di Scienze Umane
Fondatore: Luigi M. Lombardi Satriani
Direttore: Antonello Ricci
Direttore Responsabile: Walter Pellegrini
Comitato Scientifico: José Luis Alonso Ponga, Jean-Loup Amselle, Marc Augé †, Antonino Buttitta †, Francesco  Faeta, Abdelhamid Hénia, Michael Herzfeld, Lello Mazzacane, Isidoro Moreno Navarro, Marino Niola, Mariella Pandolfi, Taeko Udagawa
Comitato di direzione: Enzo Alliegro, Katia Ballacchino, Letizia Bindi, Laura Faranda, Mauro Geraci, Fiorella Giacalone, Fulvio Librandi, Maria Teresa Milicia, Rosa Parisi, Gianfranco Spitilli. 
Direzione e redazione: Dipartimento di Storia, Antropologia, Religioni, Arte, Spettacolo “Sapienza” Università di Roma, Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma 
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Coordinamento editoriale: Marta Pellegrini
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Editoriale

 

Monografica
La stanza degli specchi. Impegno
politico-culturale e diaspora
italiana

A cura di Katia Ballacchino e Luisa Del Giudice

From Auto-Ethnography to Global Politics: a Personal Journey through the Italian Diaspora
Luisa Del Giudice 13

Terminologies of Mobility: Activism and thePolitics of Language
Donna Gabaccia 35

Unsettled Spectres of Italy’s Settler Colonial Wars and a Genealogy of Italian Anti-Blackness: a Diasporic Perspective
Joseph Pugliese 55

Mio figlio è color pesca: vita, attivismo e ricerca antirazzista
Francesco Ricatti 78

Migration, Cultural Memory, and a Scholarship of Praxis
Laura E. Ruberto 101

The Cultural Politics of the Presepio: Autoethnography, Artistry, and Protest from the Italian American Imaginarium
Joseph Sciorra 118

Listening to the Italian Diaspora. Self-Cognition, Soundscapes and Acoustic Networks
Michele Segretario 142

 

Camera oscura

 

Accettura, oltre il rito la comunità. Pratiche del vedere e del sentire tra produzioni di località e transiti
Marina Berardi 161

Accettura, oltre il rito la comunità. Pratiche del vedere e del sentire tra produzioni di località e transiti, fotografie 2012-2019
Marina Berardi 177

 

Recensioni

 

Voci 2022 esce – per la prima volta dall’anno di fondazione della rivista –senza la voce portante di Luigi M. Lombardi Satriani, che per diciotto anni l’ha diretta con passione, autorevolezza e immensa dedizione. Il nostro direttore ha preso congedo dalla vita esattamente tre giorni dopo aver licenziato questo numero, convocando tutta la redazione per una riunione telematica, nonostante il suo grave stato di salute. Fino alla fine ha prevalso la sua umanità generosa, la sua sete di vita, la fiducia incrollabile nel valore del confronto, del dialogo a più voci. Continueremo a onorarne la presenza, nel segno di una continuità che le sue parole affrancano da ogni retorica. “La vita deve fare i conti con la morte e con i morti per continuare a essere tale. E se i morti sono segni sotterranei della vita, in maniera ancora più fondante, una fraternità interrotta dalla morte può essere segno sotterraneo della vita, ridiventare, questa volta faticosamente e amaramente, continuità, nonostante e comunque”. Il numero monografico del 2022, curato da Katia Ballacchino e Luisa Del Giudice, segue la vocazione della rivista ad ascoltare voci e approcci di autori diversi e propone il tentativo di colmare un vuoto di riflessione nel contesto italiano, determinato dalla poca rilevanza di un dibattito interdisciplinare approfondito con studiosi specializzati sul tema complesso della diaspora italiana, a partire però dalla prospettiva di impegno politico personale che ciascun autore porta avanti, lavorando su questo tema da molti anni. In questo senso gli studiosi invitati a contribuire – specialisti di vari settori delle scienze sociali (antropologia, storia orale, folklore, storia) e umanistiche (cultural studies, letteratura e cinema italiani) – si concentrano sul lavoro che nel tempo hanno svolto nei loro territori di studio (come l’Australia, il Canada o gli Stati Uniti) indagando le molte “Italie” e le loro rappresentazioni locali, nazionali, transnazionali e collettive nei contesti diasporici. E lo fanno a partire dasi diversi sguardi disciplinari ma anche e soprattutto dalla personale esperienza di studiosi che agiscono in senso sempre più applicativo. Una prospettiva di attivismo oggi preziosa per avviare processi di politica culturale che problematizzino l’incontro culturale e la complessità della questione identitaria in uno scenario come quello contemporaneo in cui sia in Italia che all’estero il problema del razzismo, del controllo e della repressione della diversità, come della gerarchizzazione e della discriminazione, è sempre più attuale e cruciale. Non si tratta quindi, di un numero solo sulla diaspora ma di un progetto che intende sollecitare “la dimensione politico-culturale, applicativa e attivista dei singoli studiosi coinvolti”. La riflessione sulla diaspora italiana, in questo senso, vuole fungere da stimolo – in una relazione di reciprocità, come in una sala degli specchi – al posizionamento del contributo italiano nei dibattiti sia nella diaspora che in Italia. La lunga esperienza di riflessione scientifica dei contesti diasporici qui discussi attraverso specifici esempi di ricerca potrebbe, infatti, divenire una prospettiva utile anche per pensare l’esperienza relativamente recente dell’immigrazione in Italia. Nel saggio From Auto-Ethnography to Global Politics: a Personal Journey through the Italian Diaspora, Luisa Del Giudice, etnografa e storica orale, si concentra sui suoi tentativi personali e di studio di comprendere la famiglia, la classe, la storia etnica e la cultura, visti dalla prospettiva triangolata di una studiosa transnazionale a cavallo tra Italia, Canada e Stati Uniti. Attraverso l’attività accademica e la programmazione nel settore pubblico (presso l’Istituto Italiano di Storia Orale), nonché una serie di intersezioni personali e professionali, ha incorporato una crescente postura riflessiva sociale e politica, oltre all’emergere della necessità di contribuire a una politica globale della migrazione e dei diritti umani (per esempio, i movimenti Black Lives Matter, anti-Columbus/Indigenous Peoples’ Day, DACA, food justice). Dopo tre decenni di lavoro sulla diaspora, l’autrice arriva a riflettere sull’opportunità di abbandonare la ricerca e di dedicarsi all’impegno socio-politico più direttamente attivista. In Terminologies of Mobility: Activism and the Politics of Language, Donna R. Gabaccia, storica delle migrazioni, riflette a partire dal suo volume, Italy’s Many Diasporas: Elites, Exiles, and Workers of the World, pubblicato nel 2000, che le ha permesso di indagare la disomogenea adozione del termine “diaspora” negli studi multidisciplinari e multilingue, e di focalizzare la sua attenzione sempre più su quelle che oggi definisce le “terminologie della mobilità”, che si rivelano luoghi di contestazione del potere e della voce sia negli studi scientifici che nel linguaggio quotidiano. Esaminando la ricerca multilingue sulle migrazioni verso, fuori, da, intorno e all’interno dell’Italia, approfondisce le escursioni etimologiche e il tema dei grandi archivi digitali. Unsettled Spectres of Italy’s Settler Colonial Wars and a Genealogy of Italian Anti-Blackness: a Diasporic Perspective, dello studioso-attivista Joseph Pugliese, riflette sulla genealogia intrecciata che costituisce le sue molteplici, e spesso contraddittorie, posizioni di soggetto, in quanto figlio di immigrati italiani del Sud assimilato in senso educativo alle norme egemoniche dello Stato colonizzatore bianco australiano. Come accademico-attivista che cerca di decolonizzare i saperi e le pratiche, rivela le complesse storie di colonialismo e razzismo che intrecciano due Stati-nazione: l’Italia e l’Australia, e dalla sua prospettiva diasporica mappa le continuità e le differenze che inscrivono queste storie, incarnando contemporaneamente atti di dissenso e attivismo per la giustizia sociale. L’opportunità è offerta da una fotografia del 1938 – che ritrae sua madre, bambina di nove anni, a Spilinga, in Calabria – che sottolinea la violenza del potere coercitivo dello Stato fascista, provocando la sua ribellione contro tutte le forme di ingiustizia sociale in quello che sarebbe diventato uno delle sue eredità. Pugliese esamina la sua educazione ricevuta in Australia, la riproduzione e l’imposizione dei valori dei colonizzatori, il suprematismo bianco e la violenza razziale, che alla fine gli ha permesso di contestare, applicando il pensiero critico degli studi decolonizzatori e antirazzisti. Il suo attivismo abbraccia le comunità indigene, la mappatura della violenza razziale transnazionale e il razzismo strutturale dello Stato italiano. Nel contributo Mio figlio è color pesca: vita, attivismo e ricerca antirazzista, lo storico orale Francesco Ricatti propone una riflessione autoetnografica su come la sua esperienza di migrazione e vita in Australia abbia influenzato e gradualmente trasformato la sua ricerca storica sulla diaspora italiana e, più in generale, la sua attività accademica. Partendo da una prospettiva prevalentemente astratta nei confronti di un problema storico, sociale e culturale, negli anni è diventato un aspetto centrale della sua vita, molto più sentito e viscerale, non solo come docente e ricercatore, ma anche come amico, marito e padre di persone che subiscono il razzismo in modo diretto ed esplicito. Questo l’ha portato ad un profondo ripensamento sulla sua attività accademica, alla ricerca di approcci e metodologie che possano fornire nuovi strumenti di comprensione ed intervento sulla realtà: il superamento della distinzione tradizionale fra ricerca, insegnamento e attivismo; così come l’utilizzo di approcci teorici, metodologici e pedagogici transculturali, intersezionali e decoloniali. La studiosa di studi culturali Laura E. Ruberto, in Migration, Cultural Memory, and a Scholarship of Praxis, mette in dialogo i suoi diversi progetti di ricerca italiani che prendono vita a Cairano (AV), paese natio del padre, espandendosi nel resto d’Italia e attraversando molteplici confini nazionali, dal Belgio all’Ucraina, dal Marocco all’Argentina, dall’Uruguay agli Stati Uniti, illustrando ed esplorando le storie di emigrazione e immigrazione in corso in Italia in relazione all’espressività culturale e all’azione politica, e puntando verso preoccupazioni più globali sui diritti degli immigrati e sulle voci emarginate, attraverso il ruolo della memoria culturale, della narrazione e dell’educazione, nello spostamento delle prospettive ideologiche. Attraverso un progetto etnografico, la raccolta di storie orali e la ricerca sul ruolo della fotografia, del cinema e di altre forme di espressione culturale, l’autrice riflette sui modi in cui il suo approccio scientifico e le sue esperienze di vita sono stati collegati a discorsi più ampi che lavorano per contrastare le pratiche e le prospettive xenofobe, mettendo in luce quello che definisce “attivismo transnazionale” attraverso il lavoro sulla memoria culturale in materia di migrazione e identità. Nell’articolo The Cultural Politics of the Presepio: Autoethnography, Artistry, and Protest from the Italian American Imaginarium, Joseph Sciorra, studioso di folklore e di cultura materiale, si impegna in una considerazione autoetnografica del suo coinvolgimento lungo due decenni come creatore di presepi, nonché del suo trentennale interesse come studioso della religione vissuta e dell’espressività vernacolare italoamericana, cambiando la sua prospettiva accademica classica per rivelare, attraverso la sua prassi creativa, le emergenti possibilità artistiche e politiche del diorama nel XXI secolo, considerando al contempo le intersezioni tra arte, impegno sociale e identità culturale nella re-immaginazione di una tradizione popolare vivente. Il saggio prende in considerazione anche i diversi modi in cui si manifesta la sua riproduzione dello spazio di genere e delle pratiche patriarcali del presepio; le complessità di un approccio di studioso ateo nei confronti dell’arte vernacolare cattolica, che lavora all’interno di una tradizione religiosa definitiva; il ruolo dei social media nel creare una comunità e un dialogo; il fascino di considerarsi un artista che crea assemblaggi e installazioni effimere. In definitiva, il saggio esplora come il presepio vernacolare, visto troppo spesso come creativamente monotono e moribondo, fornisca invece un ridotto palcoscenico utile a veicolare l’impegno critico nei confronti delle politiche dominanti per progettare un futuro più equo, come parte di un immaginario italiano diasporico. In ultimo, l’etnomusicologo Michele Segretario in Listening to the Italian Diaspora. Self-Cognition, Soundscapes and Acoustic Networks parte da “il senso della restanza” di Vito Teti e dall’ambivalenza dell’idea di lasciare o di rimanere in un luogo, nonché dalle rappresentazioni della mobilità che raccontano nuovi immaginari di ritorno in patria e nuove strategie per immaginare la casa lontano dalla patria. In questo caso, però, si indaga l’interscambio ancora piuttosto frammentato tra italiani in Italia e italiani, o discendenti di italiani, all’estero. L’autore esplora i cambiamenti prodotti da coloro che hanno lasciato Casteltermini e da coloro che sono tornati a casa, sia per quanto riguarda il paese di partenza, sia per quanto riguarda le trasformazioni introdotte nei luoghi di arrivo. Come studioso italiano che lavora negli Stati Uniti, temporaneamente trasferito in Italia a causa della pandemia, elabora le possibilità e i modelli che potrebbero contribuire agenerare legami di successo tra gli italiani del Sud Italia e gli italiani negli Stati Uniti, oltre che a indagare il ruolo della politica nel produrre e regolare rappresentazioni della migrazione e della diversità che sono epistemologicamente ed eticamente problematiche. Come possono gli studiosi-attivisti della diaspora italiana facilitare l’emergere di nuovi luoghi di negoziazione dell’identità che si svolgono tra italiani immigrati ed emigrati? Ciò che emerge da questi saggi è il leitmotiv di un attivismo sociale e politico nazionale (Stati Uniti, Canada, Australia) e transnazionale. Tale attivismo assume la forma dell’alleanza, in nome dei diritti degli indigeni, dei diritti umani dei rifugiati, dei migranti e delle popolazioni oppresse (per esempio, Black Lives Matter). Il volume affronta anche la posizione degli autori stessi, in quanto italiani nei confronti degli italiani della diaspora, considerando i loro diversi punti lungo questo continuum: come immigrati di prima e seconda generazione, così come di quelli arrivati più di recente. I saggi si alternano tra autori italiani che riflettono, come studiosi della diaspora di cui sono diventati parte (permanentemente Ricatti, o temporaneamente Segretario), e studiosi della diaspora a lungo termine di nascita (Del Giudice) o discendenza italiana (Ruberto, Sciorra, Gabaccia). Gabaccia, studiosa di lungo corso di storia delle migrazioni, esamina come tutte queste sfumature della mobilità si riflettano nelle multiformi terminologie della mobilità, attraverso le diverse discipline e geografie. In una sala degli specchi (così sembra delle volte) – occupata da studiosi italiani che riflettono sui loro nuovi paesi di residenza della diaspora (e sul loro luogo d’origine), così come da studiosi di discendenza italiana che considerano la loro italianità e come sono percepiti dagli italiani – questo gioco di sguardi combinato, sfumato e complesso di prospettive della e sulla diaspora si rivela prezioso. I saggi riflettono sulla politica della nazione italiana, oggi essa stessa meta di migranti regolari o irregolari, sulla complicità dei colonizzatori europei e dei successivi immigrati, che hanno contribuito all’opera di oppressione generale, e sul fatto che gli ex-oppressi siano diventati, a volte, a loro volta, agenti di oppressione. Diversi contributi partono da esperienze autoetnografiche (personali e familiari) di migrazione e di vite transnazionali, per rivolgere uno sguardo critico alla storia e alla politica dell’Italia che continua a perpetrare l’ingiustizia nei confronti dei propri rifugiati/ aspiranti immigrati, così come nei paesi di adottata appartenenza. Attraverso il prisma degli studi specifici sulla diaspora italiana, questi studiosi-attivisti si sono impegnati in una profonda lettura scientifica e autoetnografica su se stessi e, su molti fronti, hanno contribuito consapevolmente a riflessioni e progetti culturali e politici di collegamento, attraversando i confini e contribuendo ad allineare se stessi, il loro gruppo etnico e la loro sfera di relazioni, in azioni tese verso la giustizia sociale e l’equità politica globale.

Monografica

La stanza degli specchi. Impegno politico-culturale e diaspora Italiana
a cura di Katia Ballacchino e Luisa Del Giudice

 

Abstract

From emigration to Toronto, Canada, from Terracina (Latina), Italy in 1956 to the present day, the author has been on a personal and scholarly journey of meaningmaking: from attempting to understand family, class, and ethnic history and culture – through the disciplines of oral culture, folklore, and oral history – to a need to contribute to a global politics of migration and human rights. Beginning with university Italian language classes in the 1970s in Toronto, to Medieval Italian Literature in Florence, to the discovery of folklore and ethnomusicology in Los Angeles, the deep journey of discovery has meandered through topics such as folksong, belief, celebration, food, women, architecture, art, local history – all viewed from the triangulated perspective of a transnational. Through academic activity and public sector programming (founding and directing the Italian Oral History Institute for 10 years), and a range of personal (religious, gendered, ethnic), and professional intersections, a growing sense of social and political advocacy has emerged. A 3-decadelong scholarly engagement with diaspora studies, and from the diaspora (largely as an Independent Scholar), has led directly to a profound awakening about global citizenship and global politics. The author even ponders leaving scholarship behind altogether, since it seems to have served its purpose of leading toward more direct action. This essay recounts part of that scholarly and life journey.



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Keywords:
Abstract

My book Italy’s Many Diasporas: Elites, Exiles, and Workers of the World (2000) experienced a subtle change as it became an Einaudi edition titled, Emigranti: Le diaspore degli italiani dal Medioevo a oggi (2003). During the intervening twenty years I have tracked and puzzled over the uneven uptake of “diaspora” in multi-disciplinary and multi-lingual scholarship. And I have increasingly focused my scholarly attentions on what I now call “terminologies of mobility”. To write of diaspore, diasporas, emigranti, or migrants are overlapping but distinctive undertakings. Words do matter and I now see terminologies of mobility as sites of contestation over power and voice within both scholarship and everyday language. In no language or scholarly discipline are people “on the move” analyzed through a single term with a universally understood and shared meaning. On the contrary, each discipline and language generates and deploys clusters of terms. These are never exactly equivalent within a single language and their translations always shed meaning as words travel. In this paper I will reflect on terminologies of mobility that have mattered in the multilingual scholarship on migrations into, out, of and around and within Italy. I use both etymological excursions and large digital archives of scholarly and popular usage to identify and begin to describe power contestations over such terminologies. Words ultimately do matter and we better understand the production of knowledge when we take into conflicts over terminologies and their meanings across disciplines and languages.

Keywords:



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Abstract

In this article, I work to disclose the complex histories of empire, settler colonialism and race that intertwine two nation-states: Italy and Australia. My aim is to articulate the relations of colonial and racialised power that bind the two states and to disclose how these relations are intimately connected to the question of how I became a diasporic settler subject of the Australian settler colonial state. A family photograph serves as the point of departure for this article. By staging a genealogical analysis of this diasporic artefact, I embark on a labour to expose the relations of colonialism and race that are at once inscribed in the photo and that exceed the delimiting frame of a family photograph. These complex relations bring to light expansive historical vistas that bind a singular diasporic artefact to a transnational matrix of historical forces of violence and displacement. I conclude the essay with a move that contextualises these transnational forces within the charged register of the white supremacist present and the unfolding global scenarios of anti-Black violence.



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Key words:
Abstract

This essay presents an autoethnographic reflection on how the author’s experience of migration, life and activism in a structurally racist settler colonial country like Australia has influenced and gradually transformed hiss historical research on the Italian diaspora, and, more broadly, his academic work. While maintaining a position of substantial privilege, over the years, he found himself experiencing the consequences of racism more closely, not only as a teacher and researcher, but also as a friend, husband and father of people who are subjected to direct and explicit racism. At the same time, he has felt the need to engage with the studies, art and activism of Indigenous people in Australia. This made him rethink deeply his academic work, in search of approaches and methodologies that could provide new tools to understand and influence reality. The public discourse against racism is often structured around a rigid dichotomy between those who are privileged and those who are not, and between the racists and their victims; but what role can play those people who are at once beneficiaries and victims of racism? Given the complex and ambiguous history of Italian migrants’ racialisation, answers to such a personal question may provide interpretative tools for the study of Italian diaspora, especially in settler colonialnations.

Key words:



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Abstract

This essay places into dialogue my various research projects emerging from a village in Southern Italy, expanding throughout the rest of Italy and crisscrossing back and forth through multiple national borders – from Belgium to the Ukraine, from Morocco to Argentina, and from Uruguay to the United States. In each case, the location of Cairano, a Campanian village in landlocked Alta Irpinia, is the central node for illustrating and unpacking Italy’s on-going histories of e/imigration vis-à-vis cultural expressivity and political action. At the same time, my research has pointed towards more global concerns around immigrant rights and marginalized voices, including the role of cultural memory, story-telling, and education in shifting ideological perspectives. Reflecting on work I have completed from the last twenty years – including an ethnography project, oral history collecting, and research on the role of photography, film, and other forms of cultural expression – I will highlight how migratory experiences are accessible through various means, not just standard intellectual hierarchies and systems, and that expressive memories are not just filled with nostalgia but instead are part of the lived experiences of individuals and communities. In addition, my own relationship to these themes – not to mention Cairano itself, my father’s natal village and where my own family lived during some of my field research – will be threaded through my reflections. I will thus create an embroidered narrative of some of the ways my scholarly approach and life experiences have been connected to larger discourses that work to counter xenophobic practices and perspectives. Ultimately, I hope to highlight a scholarship of praxis through cultural memory work aroundmigration and identity.

Key words:



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Abstract

This paper is an autoethnographic consideration of my two-decade long involvement as a creator of presepi, the Italian-style miniature Nativity landscapes, as well as my thirty-year interest in the medium as a scholar of Italian American lived religion and vernacular expressivity. This analytical self-reflection is intended to shift my standard scholarly perspective to reveal, through my own creative praxis, the diorama’s emergent artistic and political possibilities in the twenty-first century. This paper considers the intersections of artistry, social commentary, and cultural identity in the re-imagining of a living folk tradition. Since 2000, I have created domestic presepiwhose scenographies change annually, with the Nativity portraying various, and sometimes startling locales, from the South Bronx of the 1970s to a zombie-filled cemetery. Over the years I have integrated current events into presepi– the United States’ 2003 invasion of Iraq and the current refugee crisis – as a form of political commentary and protest art. Through these and other themed presepiI seek to wed personal aesthetics, ideological concerns, scholarly research, and ethnic identification into holistic assemblages of delight, whimsy, and social engagement. My transcultural, Italian American contributions to the art form extends the boundaries of what constitutes both Italian culture and the genre itself, by decentering notions of aesthetics, knowledge, and authenticities.

Key words:



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Abstract

In this paper, I employ ethnography, history, sound studies, and more to examine the persistence of political ideologies in the ways in which the Italian diaspora has been listening to itself. Starting from my personal journey throughout the Italian American communities, I reflect on the relevance of the acoustic dimension to develop a sensory narration of the experience of the Italian diaspora. I introduce new research about the Italian diasporic radioscape in Boston’s North End in the interwar years, in which fascist ideology and listening practices have combined to shape the Italian immigrant identity in that area. I illustrate how: a) the radioscape of the Italian “foreign-language” radio programs migrated into the Catholic religious festivals’ soundscape to escape the system of power and acoustic control that the US Federal Communication Commission put in place; b) sound technologically mediated manipulated listening choices for the Italian diaspora in those years; and c) the intersection between mediated sound, experiences of listening, and self-cognition converged to shape a sensory self-understanding among the Italian immigrants. Ultimately, I discuss a theoretical approach to a sonorous investigation of the Italian diaspora by placing crucial emphasis on the self-reflexive aspects. I argue that the introduction of new forms of data — for example, how sound technologically mediated was linked to processes of redefinition of ethnicity in diaspora, or how soundmarks coming from Southern Italy facilitated processes of assimilation and renegotiation of power relationships abroad — will expand the traditional approaches to studying socio-economic conditions, including the role of politics, in the larger field of diaspora studies.

Key words:



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Camera Oscura

This contribution focuses on one of the aspects that characterized the methodological and theoretical structure of the ethnographic and visual research that I have conducted from 2012 to today, in Accettura (Basilicata), taking part in the ritual execution of the Maggio up to the dailylife explorations, of material culture, of the phenomena of transit and abandonment. In the essay, I propose a photographic selection of the research, still in progress, and a reflection on visual narrative modalities as an attempt to visually translate the ritual experience through the transfiguration of an order that one wants to deobjectify, accompanying itself to a sensory dimension tout court and orienting itself towards an anthropology of the senses. In this contribution I propose a participatory and immersive gaze approach that I define as a sound-visualscape composition, paraphrasing the definition of soundscape composition by Steven Feld (2012).

Key words:



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Marina Berardi è antropologa e fotografa, dal 2018 è dottoranda in Cities and Landscapes: Architecture, Archaeology, Cultural Heritage, History and Resources presso l'Università della Basilicata con un progetto di ricerca antropologica su politica, retorica e processi di abbandono in alcuni piccoli centri della Basilicata e immaginario vernacolare. Si è diplomata presso la Scuola di Specializzazione in Beni Demoetnoantropologici presso l'Università La Sapienza di Roma dove ha conseguito anche la laurea. Lavora come antropologa visuale sul patrimonio immateriale e materiale, lo spopolamento, la cultura materiale e l'immaginario vernacolare. Alcuni suoi lavori fotografici hanno ricevuto menzioni, premi nazionali e internazionali tra cui Nikon Talents 2013, Sony World Award, Metropolis 2017. Nel 2019 è tra le vincitrici del concorso fotografico MAVI (Museo Antropologico Visivo Irpino). Nel 2020 è co-curatrice del libro Michele Mulieri. Una stanchezza da meditare pubblicato da CISU. Dal 2019 è Photo Essay Editor di Visual Ethnography, Peer Review Journal, Classe A, Macrosettore 11/A5. www.marinaberardi.net

 

Luisa Del Giudice Ph.D, was born in Terracina, Italy, emigrated to Toronto, Canada in 1956, and has lived in Los Angeles since 1981. She is an Independent Scholar, has taught at UCLA, as a Visiting Professor Addis Ababa Univ., Ethiopia, and was Founder-Director of the nonprofit educational and community-based research organization, IOHI – Italian Oral History Institute in Los Angeles. She has published and lectured widely, and is internationally known for her work on Italian and Italian diaspora ethnology, folklore, and oral history, and has produced many innovative public programs in Los Angeles. In her multiple activities as academic, public folklorist, and community activist, she has successfully bridged various roles and audiences. Among her recent publications are: Sabato Rodia’s Towers in Watts: Art, Migrations, Development (Fordham University Press), On Second Thought: Learned Women Reflect on Profession, Community, Purpose (University of Utah University Press); Triangulations Within the Italy-Canada-USA Borderlands (Bordighera Press); Street Music and Narrative Traditions, edited by Sergio Bonanzinga, Luisa Del Giudice, Thomas A. McKean (Palermo, Museo Pasqualino). Forthcoming: In Search of Abundance: Mountains of Cheese, Rivers of Wine and Other Gastronomic Utopias (Bordighera, 2023). In 2008, she was named an honorary Fellow of the American Folklore Society and Cavaliere by the Italian Republic. (www.luisadg.org) Ph.D, è nata a Terracina, emigrata a Toronto (Canada) nel 1956 e vive a Los Angeles dal 1981. È una Independent Scholar, ha insegnato all’Università della California, Los Angeles, e come Visiting Professor all’Università di Addis Abeba, Etiopia. È stata fondatrice-direttrice dell’istituto di ricerca non-profit IOHI – Istituto Italiano di Storia Orale a Los Angeles. Ha pubblicato diversi contributi e partecipato a molte conferenze, ed è conosciuta a livello internazionale per le sue ricerche di etnologia, folklore, storia orale italiana e della diaspora, così come per i suoi tanti innovativi progetti pubblici a Los Angeles. Nelle sue molteplici attività di accademica, folklorista pubblica e attivista di comunità, è riuscita a creare un ponte tra parti e interlocutori diversi. Tra le sue pubblicazionirecenti: Sabato Rodia’s Towers in Watts: Art, Migrations, Development (Fordham University Press), On Second Thought: Learned Women Reflect on Profession, Community, Purpose (University of Utah University Press); Triangulations Within the Italy-Canada-USA Borderlands (Bordighera Press); Street Music and Narrative Traditions, a cura di Sergio Bonanzinga, Luisa Del Giudice, Thomas A. McKean, (Palermo, Museo Pasqualino). Di prossimapubblicazione: In Search of Abundance: Mountains of Cheese, Rivers of Wine and Other Gastronomic Utopias (Bordighera, 2023). Nel 2008, è stata nominata membro onorario dell’American Folklore Society e Cavaliere della Repubblica Italiana. (www.luisadg.org) .

 

Donna GabacciaIs Professor Emerita of History at the University of Toronto and past Director of the Immigration History Research Centre at University of Minnesota. Shehaswritten and editedmany books and articles on Italianmigrationsaround the world – notablyItaly'sManyDiasporas(1999) and From Sicily to Elizabeth Street (1984) – on immigrant women, gender, class, labor, and foodways in the United States, includingWe Are WhatWeEat(1998), and on interdisciplinarity and periodization in Migration Studies. Sheis the general editor of a forthcomingtwo-volume Cambridge History of Global Migrationsthat covers the longue durée of human mobility. Her book Foreign Relations: A Global History of American Immigration won the Theodore SaloutosPrize of the Immigration and Ethnic History Society and Gender and International Migration (2015, co-authored with Katharine Donato) won an HonorableMention from the Znaniecki and Thomas Book Award of the American Sociological Association. Gabacciawaspresident of the Social Science History Association. È Professoressa Emerita di Storia all’Università di Toronto ed ex-Direttrice dell’Immigration History Research Centre all’Università del Minnesota. Ha scritto o curato come editore molti volumi e saggi sulle migrazioni italiane nel mondo (per esempio, Italy’sManyDiasporas, 1999, e From Sicily to Elizabeth Street, 1984), sul genere, le donne migranti, le classi operaie e la storia culinaria (We Are WhatWeEat,1998), e sull’interdisciplinarità e la periodizzazione negli studi sulle migrazioni. È curatrice di un’opera in due volumi di prossima pubblicazione, Cambridge History of Global Migrations, che esamina il lungo periodo della mobilità umana. Il suo libro Foreign Relations: A Global History of American Immigration ha vinto il “Premio Theodore Saloutos della Immigration and Ethnic History Society”. Gender and International Migration (2015, a cura di Gabaccia e Katharine Donato) ha vinto la menzione d’onore del “Premio Znaniecki and Thomas Book Award” dell’American Sociological Association. Gabaccia è anche ex-presidente dell’(American) Social Science History Association. .

 

Joseph Pugliese, is Professor of Cultural Studies in the Department of Media, Communications, Creative Arts, Language and Literature, Macquarie University, Sydney, Australia. His researchareas include settlercolonialism, empire and decolonisation; state violence; more-than-human ecologies; and critical race and whiteness studies. With the Wadi Wadi people of the Illawarra, he produced the video documentaryContemporary Colonialism and the Struggle for Aboriginal Self-Determination(1996), whichwasnominated for the United Nations Association of Australia Media Peace Award (1996). His books include Biometrics: Bodies, Technologies, Biopolitics (Routledge, 2010), shortlisted for the Surveillance Studies Book Prize 2010; State Violence and the Execution of Law: Torture, Black Sites, Drones (Routledge, 2012), awardedArtsFacultyResearchExcellence Award 2014 and nominated for the UK’s Hart Socio-Legal Book Prize 2014 and the US’ Law and Society Herbert Jacob Book Prize 2014; and Biopolitics of the More-Than-Human: ForensicEcologies of Violence (Duke University Press, 2020), nominated for the American Studies Association John Hope Franklin Prize and the UK’s Hart Socio-Legal Book Prize; the book wasawarded the Institute for HumanitiesResearch Book Award 2022, USA. With Suvendrini Perera and a team of international collaborators, he establishedDeathscapes: Mapping Race and Violence in Settler Stateshttps://www.deathscapes.org/. With Suvendrini Perera, he is co-editor of Mapping Deathscapes: Digital Geographies of Racial and BorderViolence (Routledge, 2022). È Professore di Studi Culturali presso il Department of Media, Communications, Creative Arts, Languages and Literature, Macquarie University, Sydney, Australia. Le sue aree di ricerca includono il colonialismo, l’imperialismo e la decolonizzazione; la violenza di Stato; le ecologie piu-che-umane; e gli studi critici su razza e bianchezza. Con il popolo Wadi Wadi dell’Illawarra, ha prodotto il video documentario Contemporary Colonialism and the Struggle for Aboriginal Self-Determination(1996), che è stato nominato per il Media Peace Prize dell’United Nations Association of Australia. I suoi libri includono Biometrics: Bodies, Technologies, Biopolitics (Routledge, 2010), finalista per il Surveillance Studies Book Prize (2010); State Violence and the Execution of Law: Torture, Black Sites, Drones (Routledge, 2013), premiato con l’ArtsFacultyResearchExcellence Award, Macquarie University, 2014, e nominato per il Hart Socio-Legal Book Prize, UK, 2014, e per il Law and Society Book Prize, USA, 2014; e Biopolitics of the More-Than-Human: ForensicEcologies of Violence (Duke University Press, 2020), nominato per il John Hope Franklin Prize, American Studies Association, USA, e per il Hart Socio-Legal Book Prize, UK, 2020; il libro è stato premiato con l’Institute for HumanitiesResearch Book Award, 2022, USA. Con Suvendrini Perera e un team di collaboratori internazionali, ha fondato il sito Deathscapes: Mapping Race and Violence in Settler States: https://www.deathscapes.org/. Con Suvendrini Perera è co-autore del volume Mapping Deathscapes: Digital Geographies of Racial and BorderViolence (Routledge, 2022).

 

 

Francesco RicattiFrancesco Ricatti è ProfessoreAssociato di Italianisticaalla Australian National University. In passato ha coordinato il corso di laurea in lingue europeealla Monash University, dove è statoanche Vice-Direttore del centro di ricercasullemigrazioni e l’inclusionesociale (Monash Migration and Inclusion Centre). Ricatti è uno storicodellemigrazioniitaliane in Australia e ha pubblicatonumerosisaggi e due libri sull’argomento: Embodying migrants: Italians in postwar Australia (2011) e Italians in Australia: History memory and identity (2018). In anni recenti ha dedicatocrescenteattenzioneallosviluppo di approccidecolonialiallo studio dellemigrazioniitaliane. Si occupa, inoltre, di ricercapartecipata con giovanimigranti e figli di migranti, attraverso il progetto di ricercaYouth in the City, per il quale ha ricevutofondi di ricercadalla National Geographic e dalla Scanlon Foundation. Francesco Ricatti is Associate Professor of Italian at the Australian National University. Previously, he coordinated the major in European Languages at Monash University, where he was also the Deputy Director of the Monash Migration and Inclusion Centre. Ricatti is a historian of Italian migration and has published many articles and two monographs on the topic: Embodying migrants: Italians in postwar Australia (2011) e Italians in Australia: History memory and identity (2018). In recent years he has devoted increasing attention to the development of decolonial approaches to the study of Italian migration. He has also developed participatory research with young migrants and children of migrants, through the Youth in the City research initiative, for which he has received research funding from the National Geographic and the Scanlon Foundation.

 

Laura E. Ruberto Is a Humanities professor at Berkeley City College and a Mellon Foundation - American Council of Learned Society Faculty Fellow. Her wide breadth of publications cover film, material culture, oral histories, and vernacular culture withinItalian diaspora and transnationalcontexts. Sheis the author of Gramsci, Migration, and the Representation of Women’s Work in Italy and the U.S. (2007). Hercollaborativelyedited books and journals include BorderlessItaly/Italia senza frontiere (2020) and the twovolumesNew ItalianMigrations to the United States (2017). Shealsopublishes as a translator/editor, including, works by Pasquale Stiso (2021), Gianna Manzini (2016), and Leonilde Frieri Ruberto (2010). Sheis an editor of the book series Critical Studies in Italian America for Fordham University Press and currentlyserves on the Executive Council for the Italian American Studies Association. È Professore Ordinario presso la Facoltà di Studi Umanistici a Berkeley City College ed è borsista della Mellon Foundation – American Council of Learned Society. Le sue numerose pubblicazioni riguardano il cinema, la cultura materiale, le storie orali e la cultura vernacolare relativi alla diaspora italiana e ai contesti transnazionali. È autrice di Gramsci, Migration, and the Representation of Women's Work in Italy and the U.S. (2007). Le sue curatele in collaborazione con altri includono BorderlessItaly/Italia senza frontiere (2020) e i due volumi New ItalianMigrations to the United States (2017). Ha pubblicato anche saggi come traduttrice/curatrice, tra questi le opere di Pasquale Stiso (2021), Gianna Manzini (2016) e Leonilde Frieri Ruberto (2010). È la corresponsabile della collana Critical Studies in Italian America per la Fordham University Press e attualmente fa parte del Consiglio esecutivo dell’Italian American Studies Association.

 

Joseph Sciorra, Joseph Sciorrais Director of Academic and Cultural Programs at Queens College’s John D. Calandra Italian American Institute, a City University of New York research institute. As a folklorist, he hasresearched and published on religiouspractices, material culture, and popular music, amongothertopics. He is the editor of Italian Folk: Vernacular Culture in Italian-American Lives (2011); coeditor of Embroidered Stories: InterpretingWomen’sDomesticNeedlework from the Italian Diaspora (2014), Neapolitan Postcards: The Canzone Napoletana as TransnationalSubject (2016), the two-volume collection New ItalianMigrations to the United States (2017), and This Hope Sustains the Scholar: Essays in Tribute to the Work of Robert Viscusi (2021); and he is the author of R.I.P: Memorial Wall Art (1994; 2002) and Built with Faith: Italian American Imagination and CatholicMaterial Culture in New York City (2015). Along with Laura Ruberto, he haspublished on Italian Americans’ shifting and diverse relationships to Columbus commemorations, as well as the material culture of monuments, and memorials, and Italianmigrations. In 2021, Sciorra won the Working-Class Studies Association’s Studs TerkelAward for his online essay “Protesta per Sacco e Vanzetti” about a 1927 78 r.p.m. immigrant recording. Joseph Sciorra è Direttore degli Academic and Cultural Programs del John D. Calandra Italian American Institute del Queens College, un istituto di ricerca della City University of New York. Come etnografo, tra i vari temi ha fatto ricerche e pubblicato su questioni legate a pratiche religiose, cultura materiale e musica popolare. È stato curatore della rivista Italian American Review (2009-2016) e dell’antologia Italian Folk: Vernacular Culture in Italian-American Lives (2011). I volume curati con altri includono: Embroidered Stories: InterpretingWomen’sDomesticNeedlework from the Italian Diaspora (2014), Neapolitan Postcards: The Canzone Napoletana as TransnationalSubject (2016), la raccolta in due volumi New ItalianMigrations to the United States (2017), e This Hope Sustains the Scholar: Essays in Tribute to the Work of Robert Viscusi (2021). È autore di R.I.P: Memorial Wall Art (1994; 2002) e Built with Faith: Italian American Imagination and CatholicMaterial Culture in New York City (2015). Insieme a Laura Ruberto, ha pubblicato contributi sui rapporti mutevoli e diversi degli italoamericani con le commemorazioni di Colombo, sulla cultura materiale dei monumenti e dei memoriali e sulle migrazioni italiane. Nel 2021, Sciorra ha vinto il premio Studs Terkel della Working-Class Studies Association per il suo saggio online "Protesta per Sacco e Vanzetti" su una registrazione di immigrati del 1927 a 78 giri.

 

Michele Segretario, Michele Segretario (michelesegretario@berkeley.edu) è dottorando in Italian Studies presso l’Università della California, Berkeley. La sua ricerca indaga la diaspora italiana negli Stati Uniti attraverso i suoni e le moderne pratiche di ascolto connesse ai sistemi festivi religiosi, ai paesaggi sonori radiofonici tra le due guerre mondiali, e alla politica. Si è laureato in Discipline della Musica presso l’Università degli Studi di Palermo dove ha anche conseguito la laurea Magistrale in Musicologia con lode, e ha conseguito un Master in Musicologia presso l’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill. Michele è co-fondatore dell’Italian Migration Working Study Group a UC Berkeley e fondatore de La Stiva, un’organizzazione che promuove la partecipazione sociale e l’emergenza di produzione artistica tra i giovani nelle aree depresse della Sicilia.