15 Voci 2016 1

 Nuvola2016

 

VOCI
Rivista di Scienze Umane

Direttore: Luigi M. Lombardi Satriani
Direttore: Antonello Ricci
Direttore Responsabile: Walter Pellegrini
Comitato Scientifico: José Luis Alonso Ponga, Jean-Loup Amselle, Marc Augé †, Antonino Buttitta †, Francesco  Faeta, Abdelhamid Hénia, Michael Herzfeld, Lello Mazzacane, Isidoro Moreno Navarro, Marino Niola, Mariella Pandolfi, Taeko Udagawa
Comitato di direzione: Antonello Ricci (coordinatore), Enzo Alliegro, Katia Ballacchino, Letizia Bindi, Laura Faranda, Mauro Geraci, Fiorella Giacalone, Fulvio Librandi, Maria Teresa Milicia, Rosa Parisi, Gianfranco Spitilli. 
Direzione e redazione: Dipartimento di Storia, Antropologia, Religioni, Arte, Spettacolo “Sapienza” Università di Roma, Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma 
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Coordinamento editoriale: Marta Pellegrini
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Editoriale

 

Biblioteca
A cura di Fiorella Giacalone

 

Hate speech: an attempt to disperse terminological ambiguities
Sylwia Adamczak-Krysztofowicz, Anna Szczepaniak-Kozak, Magdalena Jaszczyk 13

Il discorso razzista nei media. Analisi del linguaggio politico nei talk show
Giuseppina Bonerba 29

La discriminazione subita e respinta: le reazioni delle vittime
Riccardo Cruzzolin 44

Controllo, tutela, educazione. La discriminazione nelle pratiche discorsive sui campi-nomadi a Roma
Ulderico Daniele 61

Il razzismo istituzionale attraverso storie di discriminazione: pratiche e linguaggi razzisti
Fiorella Giacalone 82

Da hate speech a hate communication. Come razzismo e xenofobia sono prodotti e riflessi tramite pratiche comunicative
Gabriella B. Klein 107

Nel laboratorio sociale dell’odio: un anno di ordinario razzismo su Facebook
Maria Teresa Milicia 124

Attitudes to “race” in the media: evidence from Greece and the United Kingdom
Katerina Strani, Maria Fountana, Stavroula Sokoli, Eloísa Monteoliva 148

 

Passaggi

 

Giochi al buio o parole per dirlo? Riflessioni su razza, razzismo e antirazzismo intorno a un colloquio con Gaia Giuliani
Maria Teresa Milicia 171

Razzismo e islamofobia in Francia: a colloquio con Didier Fassin
Alfonsina Bellio 190

 

Miscellanea

 

Lo sguardo da vicino: l’antropologia come autobiografia
Luigi M. Lombardi Satriani 195

Ekina Uganda. La nascita del cinema ugandese
Cecilia Pennacini 205

Etnografia di un matrimonio italo-iraniano
Sarah Sciò 228

 

Camera oscura

 

L’archivio della Missione etnologica italiana in Ghana (MEIG). Percorsi di patrimonializzazione e restituzione etnografica
Stefano Maltese, Dario Scozia 249

La Cerimonia del Venerdì della chiesa dei Water Carriers: alcune note sulle fotografie di Giorgio R. Cardona e di Anthony Wade-Brown
Eleonora Bragantini 265

Water Carriers - Fotografie dall’archivio della Missione etnologica italiana in Ghana (1970-1971)
Giorgio Raimondo Cardona, Anthony Wade-Brown 279

 

Recensioni 324

 

Notiziario 334

Monografica

Biblioteca

La sfida del mondo contemporaneo, magma prismatico dalle innumerevoli sfaccettature, è data dalle migrazioni di massa. Intere popolazioni si spostano dai loro paesi, devastati dalla guerra, dall’insopportabilità dell’esistenza, nel tentativo di raggiungere una diversa società, quasi sempre in Europa, alla ricerca di una vita più clemente, quando non della mera sopravvivenza.
Viaggio che spesso si conclude tragicamente: il Mediterraneo, mare nostrum – culla di antiche civiltà –, mare monstrum, gigantesca tomba d’acqua, per centinaia di migliaia di migranti – compresi vecchi, donne, bambini –, vittime innocenti della logica della violenza, che ha ottenebrato le menti di governanti e mercanti, tacitando qualsiasi possibile ragione del cuore e soffocando qualsiasi sentimento di pietà.
Pietà l’è morta, recitava un antico canto partigiano; ancora oggi possiamo ripetere, angosciati e sgomenti, pietà l’è morta, mentre assistiamo relativamente indifferenti o soltanto genericamente turbati a tanta gigantesca ecatombe.
Papa Francesco ha più volte richiamato questa povertà spirituale, che non ha niente a che fare con la povertà di spirito auspicata dai Vangeli, essendo la prima risultato di un percorso di santità, mentre questa è sinonimo di aridità.
Molte volte la temuta minaccia da parte di migranti delle nostre esistenze e delle nostre pur precarie sicurezze, induce a vere e proprie forme di razzismo, esplicito e, ancora più spesso, implicito. Significativa la ricorrente espressione: “io non sono razzista, ma…”, dove la prima frase funge da copertura di quella decisamente razzista che viene fatta seguire, “ma…”.
Questa premessa, sicuramente generica, è oggi esplicitata per indicare in linea di massima le ragioni che hanno indotto la Direzione e la Redazione tutta a scegliere per la parte monografica “I linguaggi del razzismo nell’Europa contemporanea”. La cura di essa è stata affidata a Fiorella Giacalone, componente della Redazione, secondo la prassi che vede il Direttore e/o un componente della Redazione farsi carico della parte dedicata alla tematica via via prescelta. Fiorella Giacalone ha svolto il suo compito con rigore ed entusiasmo: si tratta del resto, di una tematica oggetto da anni del suo interesse scientifico, come testimoniano numerosi suoi lavori, tra i quali mi piace ricordare la curatela di Marocchini tra due culture. Un’indagine etnografica sull’immigrazione, 2002; Gli stranieri e lo spazio pubblico a Perugia e in Umbria tra apertura al métissage e luoghi di insicurezza urbana, 2014; Donne marocchine in Italia: reti di relazioni e identità religiosa tra due generazioni a confronto, nella stessa rivista “Voci”, 2009.
Soffermandomi sulla parte monografica, ricorderò, con le stesse parole della curatrice, che essa prende spunto da una ricerca Europea RADAR – Regulating Anti-Discrimination and Anti-Racism (JUST/2013/FRAC/AG/6271); Fundamental Rights and Citizenship Programme; http://win.radar.communicationproject.eu/, progetto al quale hanno partecipato sei degli autori di questo numero e che ha visto coinvolti diversi paesi europei (Italia, Finlandia, Grecia, Polonia). Il progetto ha come scopo principale quello di capire e far capire i meccanismi del cosiddetto hate speech (incitamento all’odio) allargando l’analisi a quello che potremmo definire hate communication.
La presenza di migranti e i continui flussi di richiedenti asilo alle porte dell’Europa, via terra e via mare, rendono evidente quanto le migrazioni siano oggi al centro del dibattito europeo. Un profondo cambio demografico è in atto in tutto il territorio del continente, creando difficoltà nelle forme di accoglienza, nel mercato del lavoro e della casa. Tale processo, che modifica la nostra vita quotidiana, richiede lungimiranza politica, capacità organizzativa, nuove regole di convivenza sociale, prospettive di pluralismo religioso. A tutto ciò, il nostro vecchio continente appare impreparato, preso da insicurezze sul suo futuro demografico e politico, scosso da attentati distruttivi, posti in atto da quei giovani nati e cresciuti nelle nostre periferie urbane. Gli “imprenditori della paura” fanno dei migranti il capro espiatorio su cui riversare le insicurezze dettate da questa complessa trasformazione sociale che mette in discussione i nostri modelli di vita.
Il numero, attraverso saggi di antropologi, sociolinguisti e sociologi della comunicazione, affronta e riflette sulle diverse modalità con cui si esprime un linguaggio razzista nell’Europa democratica.
Il saggio della sociolinguista Gabriella B. Klein (Università di Perugia), curatrice del progetto, nel suo saggio specifica come un crimine d’odio non è mai un atto isolato ma è innescato e alimentato dall’incitamento all’odio, ossia da discorsi che esprimono disprezzo, odio, pregiudizio ecc. Tali discorsi si producono non soltanto in conversazioni pubbliche o private, ma si diffondono anche online, nei dibattiti politici, nei mass media e in altri contesti istituzionali. I crimini d’odio possono essere innescati anche da pratiche comunicative d’incitamento all’odio basate non solo sul linguaggio verbale, ma anche su altri livelli di comunicazione, come l’uso della voce (messaggio paraverbale), il linguaggio del corpo (messaggio non-verbale), le immagini (messaggio visivo). Va considerato anche che in molti casi il discorso razzista assume la forma di un’apparentemente benevola accettazione delle differenze basata sulla stereotipizzazione dell’identità culturale e sociale. In questo caso ciò che si presenta come una rispettosa accettazione di differenze cela in realtà stereotipi e pregiudizi soggiacenti, pronti a trasformarsi in etichette e processi di stigmatizzazione, terreno fertile per la discriminazione, l’odio, il razzismo, la xenofobia.
Nel corso della ricerca sono state svolte dieci interviste a soggetti oggetti di discriminazione razziale, sono state analizzate sentenze di giudici, trasmissioni televisive, sono state svolte analisi di conversazioni. L’analisi delle interviste, compiute da Fiorella Giacalone e Riccardo Cruzzolin, antropologi dell’Università di Perugia, viene effettuata in due saggi. Quello di Giacalone prende in considerazione gli aspetti del “razzismo istituzionale”, con un’analisi a livello storico e giuridico (a livello europeo e nazionale). Il saggio prende in esame alcune sentenze di giudici italiani, sia quelle a sfondo razzista che quelle di condanne di comportamenti discriminatori. Il saggio riflette sulle forme di discriminazione istituzionale attraverso le storie di persone discriminate dentro le istituzioni: migranti arabi e africani, intervistati all’interno del progetto RADAR, per rilevare modalità e comportamenti discriminatori in settori lavorativi e scolastici. Emerge un quadro ampio sulla diffusione di comportamenti discriminatori anche da parte di strutture pubbliche e private e la difficoltà di vedere tutelati i propri diritti da parte dei nuovi cittadini.
L’articolo di Cruzzolin, partendo dalle testimonianze di alcuni intervistati, illustra le diverse reazioni che possono essere messe in atto davanti a gesti stemperando la gravità dell’affronto. Di certo, colui che è spesso oggetto di discriminazione valuta, volta per volta, il tipo di reazione che deve produrre. L’articolo vuole illustrare le riflessioni, le considerazioni e le analisi fatte da coloro che sono vittime di razzismo e che sono alla base delle loro strategie di risposta.
Nel saggio di Giuseppina Bonerba, sociologa della comunicazione, sono analizzati degli estratti significativi di alcuni talk show con lo scopo di focalizzare l’attenzione su due temi principali: il primo è l’attività di framing che presiede alla presentazione delle migrazioni come problema sociale, cercando in particolare di evidenziare quali sono i punti di leva su cui poggiano i claims-makers per costruire e comunicare i dati del problema; il secondo tema è l’analisi della strategia comunicativa usata dai partecipanti al talk show per affermare il proprio punto di vista. Sono presenti nel progetto alcune studiose straniere che lavorano nelle Università di Atene, di Edimburgo, di Poznań.
Sylwia Adamczak-Krysztofowicz, Anna Szczepaniak-Kozak, Magdalena Jaszczyk, dell’Università di Poznań (Polonia), affrontano le ambiguità terminologiche, nei discorsi politici, relativi ai discorsi discriminatori. Chiarire le imprecisioni terminologiche potrebbe aiutare, per esempio, chi si occupa della promulgazione delle leggi e chi deve far rispettare le leggi, in modo particolare le indagini della polizia e i procedimenti penali. Inoltre, nonostante ci siano numerose discussioni inerenti al discorso dell’odio, manca una definizione uniforme di tale termine, per esempio nel registro del linguaggio giuridico polacco o nei discorsi pubblici o accademici polacchi. Il saggio costituisce un tentativo di investigare e confrontare le definizioni delle dichiarazioni di odio e di tracciare le sue caratteristiche, soprattutto sulla base di documenti dell’Unione Europea, della giurisprudenza polacca e dei rapporti accademici così come delle risorse dei mezzi di comunicazione di massa al fine di sistematizzare le possibili elaborazioni e i modi in cui esse vengono usate.
Katerina Strani, Maria Fountana, Stavroula Sokoli, Eloísa Monteoliva, partendo dal rifiuto del termine “razza”, considerato discriminatorio, presentano un’esplorazione degli atteggiamenti relativi alla razza nei media in Grecia e nel Regno Unito, sulla base di un’analisi di un campione di materiale documentario, specificamente raccolto per l’uso nei laboratori di formazione RADAR. Il documento mostra somiglianze con alcuni meccanismi di comunicazione di odio non solo tra i generi, ma anche tra i due paesi, nonostante chiare differenze storiche, sociali e demografiche.
Nella parte monografica appaiono altri due saggi che affrontano le tematiche del razzismo attraverso l’analisi dell’odio su Facebook, l’altro sulle politiche discriminatorie nei confronti delle comunità rom, per esplorare altre modalità del linguaggio razzista.
Quello di Maria Teresa Milicia, antropologa impegnata da anni sui temi della storia del razzismo, esplora la fenomenologia del linguaggio dell’odio nello spazio comunicativo di Facebook, a partire dall’analisi del palinsesto degli eventi costruito da uno dei partecipanti più attivi del gruppo oggetto della ricerca “No Lombroso”. La partecipazione quotidiana alla circolazione “virale” di immagini e commenti razzisti, di cui l’allora ministra dell’integrazione Kyenge era il principale bersaglio, ha dato accesso ai nodi della rete di diffusione delle retoriche razziste sui social media.
Ulderico Daniele, antropologo che da anni studia la situazione dei campi rom a Roma, riflette come questi campi rimangono ancora oggi l’elemento che definisce la condizione dei rom a Roma e che ne rappresenta in maniera evidente e drammatica la marginalità. L’articolo si propone di ricostruire, assumendo la prospettiva dell’antropologia delle policies, la trama di soggetti e di pratiche che si muovono dentro e attorno ai campi-nomadi della Capitale. Viene fornita una ricostruzione sintetica delle politiche per i rom a Roma segnalando come questo scenario abbia catalizzato non solo il dibattito politico, ma anche quello sull’identità e la cultura dei rom, producendo quindi una forma peculiare e consolidata di discriminazione che si basa sulla separazione fisica e simbolica dei rom. In questa direzione anche le pratiche delle associazioni che se ne occupano rischiano di mettere all’opera tratti opposti ma paradossalmente complementari a quelli utilizzati dalle amministrazioni, per definire e governare la presenza dei rom in città, producendo la separazione e il silenzio delle comunità.
A me sembra che, complessivamente considerata, questa parte monografica si costituisca come un utilissimo punto di riferimento per qualsiasi ulteriore ricerca sui linguaggi del razzismo contemporaneo nella culla della nostra civiltà, e per i risultati raggiunti sono profondamente grato alla curatrice.
Né la tematica del razzismo non si inscrive come urgente soltanto sul piano scientifico, ma si impone anche sul piano dell’attualità politica, com’è confermato da numerosi, tragici eventi di queste ultime settimane. È del 12 luglio 2016 l’affermazione di Barack Obama che a Dallas, per i funerali dei poliziotti uccisi sottolinea amaramente come in America ci sia ancora razzismo e, per quanto riguarda casa nostra, l’episodio di Fermo, dove un ultrà insulta gravemente la moglie di Emmanuel Chidi Namdi, cittadino nigeriano rifugiatosi nel nostro paese in cerca d’asilo, chiamandola “scimmia africana” e quando il marito reagisce, lo massacra di botte. Episodio che non è sufficiente derubricare alla manifestazione isolata di un violento da stadio, ma ci chiama direttamente in causa, perché non abbiamo saputo reagire adeguatamente tutte le volte che venivano impunemente pronunciate parole dell’odio: il senatore leghista Calderoli diede dell’“orango” alla ministra Kyenge tentando successivamente di giustificare malamente questa sua ulteriore “porcata”. Successivamente il Senato a maggioranza lo ha salvato dal processo per istigazione all’odio razziale.
Con ben altra sensibilità Carlo Levi ci aveva avvertito che “le parole sono pietre” e con le parole – ripeto, dell’odio, della violenza, della discriminazione, del razzismo – possiamo lapidare innumeri vittime innocenti, rese tali anche per la nostra indifferenza, per la nostra distrazione. Un’assunzione di corresponsabilità, che si accompagni anche alla differenziazione delle diverse colpe, da esaminare nel loro realistico svolgersi, mi sembra pertanto operazione necessaria e urgente, posto che l’antropologia non può sottrarsi al suo compito anche sul piano etico.
Riferendomi poi al resto della rivista rileverò come la sezione “Passaggi” presenti una conversazione di Maria Teresa Milicia con Gaia Giuliani (Università di Coimbra, cofondatrice del gruppo di ricerca InterGrace) sulle diversità di approccio teorico negli studi sul razzismo, sulle conseguenti scelte terminologiche e sulla responsabilità di considerare le ricadute della produzione specialistica sul senso comune. Il confronto prende spunto dal dibattito sollevato da un gruppo di bioantropologi e genetisti, che, insieme agli antropologi culturali (“Anuac”, 2, 2014), sostengono la proposta di abolire il termine “razza” dall’articolo 3 della Costituzione italiana sulla “pari dignità sociale” di tutti i cittadini e sulla loro “uguaglianza davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
L’argomentazione principale dei proponenti si basa sull’inconsistenza della nozione biologica di “razza”, ormai superata dall’avanzamento delle conoscenze scientifiche sulla variabilità genetica umana. Secondo i promotori, la semplice cancellazione della parola “razza” non sarebbe sufficiente a esprimere l’esigenza del dettato costituzionale di tutelare il principio giuridico di uguaglianza dei “cittadini italiani”. Propongono pertanto di sostituirla con una sorta di perifrasi che nomini le differenze senza costringerle in un termine troppo compromesso con l’ideologia del razzismo scientifico.
Per quanto riconosca l’impegno generoso e l’intenzionalità antirazzista di questi studiosi, mi sembra tuttavia che restino comunque irretiti in questioni terminologiche che non basta superare con una dichiarazione di volontà di superamento e di modifiche lessicali. Giustamente Milicia sottolinea che la questione è ancora più intricata dal fatto che le posizioni degli studiosi sull’infondatezza biologica delle razze umane non incontrano un consenso unanime nella comunità scientifica. Nel dibattito che inevitabilmente si accende intorno alla possibilità di classificare la diversità umana su base genetica è pressoché impossibile per i profani valutare le controversie scientifiche e prendere posizione a sostegno di tesi che si rifanno a dati sperimentali. In questo contesto, suscettibile di manipolazioni ideologiche, Milicia invita a rimettere in discussione l’idea che si possa eliminare la parola razza senza interrogarsi, in maniera decisiva, “di che razza parliamo quando parliamo di razza?” Il dialogo con Gaia Giuliani – che si colloca nell’ambito della teoria postcoloniale degli studi critici sulla razza e sulla bianchezza, e degli studi di genere e queer – risponde all’esigenza di allargare il dibattito a posizioni diametralmente opposte. La razza esiste, sostiene Giuliani, in quanto ha effetti materiali sulla vita delle persone che non si cancellano eliminando la parola. Se la razza struttura le pratiche discriminatorie in un mondo in cui facciamo accedere o escludiamo determinati soggetti dalla cittadinanza o li priviamo del diritto alla mobilità, la necessità di ribadire l’esistenza della razza è un modo per rendere visibili i privilegi, così come continuare a pronunciare la parola costringe a confrontarsi con la scomoda continuità dei rapporti di potere coloniale e postcoloniale.
Segue quindi un’interessante intervista di Alfonsina Bellio a Didier Fassin. La miscellanea contiene: la Lectio magistralis da me pronunciata in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Filologia moderna da parte dell’Università della Calabria; un saggio di Cecilia Pennaccini, dal titolo “Ekina Uganda – La nascita del cinema ugandese”, che ci mostra le modalità della nascita della cinematografia in questo paese; per concludere con l’accurata descrizione etnografica di Sarah Sciò su un matrimonio italo-iraniano.
“Camera Oscura” presenta materiali di notevolissimo interesse attingendo dall’Archivio della Missione etnologica italiana in Ghana. Così, mentre Stefano Maltese e Dario Scozia affrontano alcuni “percorsi di patrimonializzazione e restituzione etnografica”, Eleonora Bragantini si sofferma su “La Cerimonia del Venerdì della chiesa dei Water Carries”, esaminando criticamente una selezione di fotografie di Giorgio Raimondo Cardona e di Anthony Wade-Brown. Mi è caro rendere omaggio alle figure di questi due studiosi con cui ho avuto rapporti di amicizia e scambi di vedute negli anni comuni dell’insegnamento nel Dipartimento di Studi Glottoantropologici e Discipline musicali dell’Università “La Sapienza” di Roma. Tali fotografie ci mostrano inoltre quanto sia ricco e ancora da esplorare l’archivio della Missione etnologica italiana in Ghana.
Infine, recensioni di alcuni importanti opere apparse recentemente, a cura di Faranda, Giacalone, me stesso, Ricci, Benassi, e un fitto notiziario che comprende anche un commosso omaggio a Daniel Fabre, completano questo numero della rivista che ho l’onore di dirigere.
La lusinghiera collocazione conquistata da “Voci” nel panorama delle riviste scientifiche italiane del settore non sarebbe stata però possibile senza l’essenziale contributo dei collaboratori qui ricordati e della Redazione tutta, coordinata con rigore e attenzione da Antonello Ricci. A tutti e a ciascuno di loro, dunque, le espressioni della mia profonda e duratura gratitudine.

I LINGUAGGI DEL RAZZISMO NELL'EUROPA
CONTEMPORANEA

a cura di Fiorella Giacalone

Passaggi

Abstract
Europe’s current geopolitical situation, which has changed with the surge in immigration, poses challenges not only in fields such as politics and social care, but linguistics as well. That is to say that some definitions of basic terms related to discriminatory discourse, for example hate speech, exhibit inaccuracies when juxtaposed with each other not only in a cross-linguistic but an intralingual perspective as well. The outcome of this situation is a growing number of terminological ambiguities/ misunderstandings and difficulties using them, especially in professional discourse. Undoubtedly, clarifying terminological inaccuracies could help, for example, those involved in law legislation and execution, in particular police investigations and criminal proceedings. Additionally, although there exists a plethora of discussions concerning hate speech, a uniform definition of this term is lacking, for example in Polish legal language register or Polish academic and public discourse. Hence, this paper constitutes an attempt to investigate and compare definitions of hate speech and portray its characteristic features, mainly on the basis of documents of the European Union, Polish law and academic reports, as well as mass media resources, in order to systematise possible elaborations and ways of using this term.

Key words:Hate speech, Hate crime, Discriminatory discourse, Polish language.


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Abstract
Racist messages are present in everyday political communication, at times in a virulent manner. Such forms of expression are usually confined to dedicated websites, or small groups of people, and are condemned when reported in the public-sphere. By contrast, there are more prevalent racist messages which are less obvious, and based on prejudices, generalizations, metaphors and symbols. These forms of racism, the product of centres of power, are legitimized because they are spread through the media and become rooted in daily life. This paper examines some extracts from a variety of talk shows, in order to analyse two themes: – the first regards the activity of framing, and the presentation of migration as a social problem, with particular attention to the techniques used by those making such claims in order to create and communicate the facts regarding the issue; – the second involves an analysis of the communicative strategies used by talk show participants to sustain their point of view.

Key words: Racism, Migration, Frame, Talk show, Building a social problem.


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Abstract
The article, based on the testimonies of ten interviewees, that had been chosen because victims of racism, wants to illustrate the different reactions that can be enacted in case of racist behaviour. The force of a discriminatory action depends on the context in which it takes place, context that the offended person must evaluate to decide whether or not, and with witch strength, he/she have to react to the discrimination suffered. There are situations in which the discriminatory action appears unjustifiable and produce symbolic violence, others in which the context dilutes the gravity of the offense. Of course, whoever suffers racism does not use the same, standardized, reaction to respond to any discrimination that hurts him/her, but evaluate, depending on the case, the type of response that must be produced. The article wants to illustrate the reflections, considerations and analysis made by those who are victims of racism.

Key words: Racism, Migration, Discrimination, Citizenship, Symbolic violence.
.

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Abstract
Despite denounces and court judgments coming from NGOs, national and European bodies, nomads-camps are still at the center of the political and cultural debate about the discrimination Roma people suffer in Italy. Scholars highlighted that their identification as “nomads” is one of the cultural tool through which this policy template has been thought and implemented. This term carry along a deep history of stereotypes concerning the peculiar alterity of the Roma, depicted as a dangerous people whose criminal acts reveal their asociality, if not their inhumanity. But the same label is used to depict their cultural identity, a peculiar style of life with an exclusive set of competences and needs to be legally and politically acknowledged and protected. Therefore, we can say that nomads-camps are the political answer to the opposite but complementary claims for controlling and protecting the Roma. In this article we intend to proceed and deepen this approach scaling the analysis on the local level. Following the theoretical frame of the “anthropology of policy” (Shore and Wright), we will analyze “Nomads plans” issued by the Municipality of Rome from the Eighties highlighting the main features of the “securitarian discourses”, and we will match it with the “safeguarding rhetorics” issued by NGOs aiming at “empowering” or “integrating” the Roma. Our aim is to understand how and why both of them depict the Roma as subjects deserving exclusive, and exclusionary, measures.

Key words: Nomads-camps, Roma policies, Securitarian discourses, Safe-guardian discourses.


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Abstract
The essay considers the institutional racism, with a theoretical analysis and testing it on the level of historical and legal (at European and national level). The essay examines some judgments of Italian courts, both those racist than those of discriminatory conduct convictions. The second part of the essay tells stories of victims of discrimination within the institutions through the stories of the protagonists, Arab and African migrants, interviewed within the Project Radar, to detect mode and discriminatory behavior in areas of work and school. There is a broad framework on the dissemination of discriminatory behavior, even by public and private structures and the difficulty of seeing their rights protected by the new citizens.

Key words: Discrimation, Immigration, Ethnic metaphors, Institutional racism, Judicial judgments.


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Abstract
The present work aims to introduce the central objective of the European project RADAR – Regulating AntiDiscrimination and AntiRacism (2014-2016) co-funded by the European Commission (JUST/2013/FRAC/AG/6271, Fundamental Rights and Citizenship Programme, http: //win.radar.communicationproject.eu/) which consists, on the one hand, in understanding and making understand the mechanisms of racist hate speech, enlarging the question to what could be called racist hate communication and, on the other hand, in developing good communication practices of antiracist communication, i.e. of anti-racist communicative practices. Through two case studies we will show some communicative mechanisms: one of an Italian advertisement picture and one of an Italian talkshow. In both cases the difference of human “races” is clearly thematised. The paper concludes with a brief critical analysis of the use of the term “race” referred to human beings.

Key words: Hate communication, Hate speech, Communicative pratices, Anti-racism, racist communication.


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Abstract
This contribution aims to explore the phenomenology of hate speech into a social media context of communicative exchange. Based on the result of my online ethnographic research from September 2012 to March 2014, the analysis of data collected focuses on the online daily interaction of an unit of the networking Facebook group “No Lombroso”. It could represent a paradigmatic case study as well as a productive highlight on the issue of racist behaviours. The look at the situated social performing of hate speech could prevent the emerging of an oversimplified or ideal-typical profile of the “racist one”. The intense daily interaction of the Facebook users in the online environment sustains the performative ritual process of transformation of the self-other relationship that improves the emotional work to achieve a strong sense of collective identity. In that framework of performative action, the figure of Cécile Kyenge – native of Democratic Republic of Congo and member of Italian government during the months of my fieldwork – acquires the key role of the specter of absolute alterity who has the rhetorical function to contribute to the identity politics discourse of the imagined Southern communitas.

Key words:Hate speech; Facebook; racism; identity politics; performativity.
Parole chiave: Discorso d’odio; Facebook; razzismo; politiche identitarie; performatività.

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Abstract
This paper draws on research conducted as part of the EU-funded project RADAR (Regulating AntiDiscrimination and AntiRacism, JUST/2013/FRAC/AG/6271). It rejects the concept of “race”, hence the inverted commas, and sees it as a social construct aimed at dividing people into unequal, static, unchangeable categories (Witzig, 1996, and others). From this starting point, it offers an exploration of attitudes to “race” in the media in Greece and the UK, based on a sample analysis of authentic material specifically collected for use in the RADAR training workshops. The material was analysed using Membership Categorization Analysis (MCA), a sub-section of Conversation Analysis originally developed by Sacks (1992). The paper shows similarities of some mechanisms of hate communication not only between genres, but also between countries (UK and Greece), despite clear historical, social and demographic differences.

Key words: race”, hate communication, media, Greece, United Kingdom.
Parole chiave: “razza”, comunicazione d’odio, media, Grecia, Regno Unito.

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Miscellanea

Abstract
This interview with Gaia Giuliani, a researcher at the Centro de Estudos Sociais of the University of Coimbra and co-founder of the research group InteRGRace, takes a critical stance about the appeal launched in 2014 by bioanthropologists Olga Rickards and Gianfranco Biondi to erase the word "Race" from article 3 of the Italian Constitution. The adhesion of Italian cultural anthropologists instigated a debate on the meaning of the word race and on the phenomenon of racism. In the view of the promoters, science contributed to disseminate "the error of race", attributing the dignity of a scientific category to the word while advances in population genetics, molecular anthropology and evolutionary biology have shown that human races are a "pseudo-scientific" invention, indeed a scientific error. Consequently, scientists have a duty to take action to reform at least the institutional .

Key words:race, racism, antiracism, abolition, Giuliani
Parole chiave: razza, razzismo, antirazzismo, abolizione, Giuliani

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Abstract
In this interview Didier Fassin, Professor of Social Sciences at Institute for Advanced Study di Princeton and Directeur d’études all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales de Paris, tries to elaborate a definition of racism in contemporary France departing from the analysis of the difference between racism and discrimination to highlight its present social expression in the spreading form of “islamophobia”. Muslim was becoming the preferencial target of negative comments and pregiudice attitudes, in a quite obsessive way, well before the attacks of radical islamists: not a novelty at all but a legacy of Colonial epoch when the “Arabs” were already victims of racist behaviours and discriminatory practices. Today it is to notice a wider and differenciated phenomenology of discrimination that emerge in a more overt and complex ways than in the years

Key words: racism, discrimination communication, islamophobia, France, Fassin..
Parole chiave: razzismo, discriminazione, islamofobia, Francia, Fassin.

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Camera Oscura

Abstract
La Lectio magistralis, pronunciata in occasione della cerimonia di conferimento della laurea honoris causa in Filologia moderna celebratasi nella sala University Club dell’Università della Calabria il 13 gennaio 2016, è un bilancio autobiografico di un lungo percorso scientifico, intellettuale e accademico. Osservazione in prima persona di un’articolata evoluzione disciplinare, è anche l’auspicio di un’antropologia del futuro che s’impegni nella riformulazione di un nuovo quadro epistemologico, che riassuma tutta la sua tensione teorica e si sottragga alle logiche del mercato, che rivolga la sua attenzione a qualsiasi campo dell’attività umana; un’antropologia che si faccia carico del mondo, del suo significato, dei sogni dell’uomo, che eserciti uno “sguardo da vicino”, di chi partecipa di una cultura, la testimonia dall’interno, la indaga narrandola con intelletto d’amore.

Key words: anthropology, autobiography, culture, participation, meaning..

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Abstract For different historical reasons, Uganda gave birth to an “indigenous” cinema and to a local audio-visual production only in the last decade. In the context of indirect rule, the British did not promote the local artistic expressions, as happened on the contrary in the French colonies where France stimulated the birth of an African cinematography. In Uganda nothing was done in this direction during the colonial period, as well as during the dramatic years following indipendence. Only in the context of the relative stability of Museveni’s government a cultural industry could appear. Even if some difficulties are still present because of the lack of electrification on one hand, and of the marked linguistic and cultural diversity, the cinematographic industry finally started. The inspiration came from Nollywood industry, which has decolonized African cinema showing that the cinematographic language, the stories, the patterns of production and distribution could find a way to meet the African public and the one in the diaspora. Up to now, ekina uganda – “Ugandan cinema” – produced a number of films which constitute an interesting mirror for the socio-cultural representation of contemporary Uganda.

Key words: african cinema, Uganda, Nollywood, media anthropology, visual anthropology.

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Abstract This paper aims to analyze the daily routine and lifestyle of Italian-Iranian mixed couples. This study, as a part of ongoing research, will analyze the required legal procedures to register a marriage with an Iranian citizen, and establish a family relationship with his family of origin. Marriage is a ritual ceremony of transition from one social status to another, and a change of role that includes, in the case of mixed couples, some basic steps related to the authorizations and documentations necessary for the wedding ceremony. Through hard work of understanding cultural differences, the matrimonial life of mixed couples becomes a place of cultural exchange that helps to merge the daily routine of the spouses. After analyzing the long bureaucracy, which is necessary for the celebration of a mixed wedding, I interviewed some Iranian women and men who have married Italians and who shared their experiences and ideas. The research methods used are participant observation and directed interview. Iranian scholars, as well as others, have dealt with the interpretation of the family code, wife’s rights, inheritance, and etc. in their scientific studies. There are also different viewpoints on interpretation of Iranian family code, which reviewing them is however out of the scope of this research. Interested readers are referred to studies on Iranian family code, women’s rights, and etc., including works of Soraya Treymane, Ziba Mir Hossein and Valentine M. Moghadam.

Key words: mixed marriage, mixed couple, Iran, anthropology of Middle East, Iranian culture.

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Key words: Nollywood, media anthropology, visual anthropology.

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Abstract
The paper deals with an on-going project aimed at safeguarding audio and visual materials produced by the scholars of the Italian Ethnological Mission to Ghana over the last sixty years, as well as making such documents available to a wider public and scientific usage through digital means. The paper draws attention on the roots of such a heritage-making process, tracking back its origin in a basic preservation intervention implemented in the Nineties and in the new scenario set by the creation of an ethnographic museum in the premises of Fort Apollonia, in the Nzema area (South-West Ghana). As a reflexive representation of the long-time relation among Italian anthropologists and the Nzemas was a major stake in the making of museum exhibits, the valorization of the IEMG materials has recently arisen as an undelayable task, becoming part of an overall program of ethnographic restitution. The article offers a comprehensive assessment of the preservation and cataloguing interventions undertaken on the materials over the last twenty years, and closes with some proposals for the fine-tuning of a description system able to drive the layered complexity of the Archive.

Key words:Ethnographic archives; restitution; reflexivity; heritage-making processes; IEMG (Italian Ethnological Mission to Ghana).

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Abstract
In 1954 Vinigi L. Grottanelli established the Italian Ethnological Mission to Ghana, working alongside with him a pool of researchers studied, and still study, the nzema people of Western Ghana. Their researches offer a noteworthy photographic corpus to the academic world. The photographs here selected offer an aspect of the nzema religious life: the Friday therapeutic ceremony of the Water Carriers Church. The shots, which were realized by Giorgio R. Cardona and Anthony Wade-Brown, have a thick documentary strength. Through the images and the scientific bibliography on the subject it has been possible to highlight the originality of this syncretistic religious movement, which represented a creative response to the cultural impact between the religious Western culture and some forms of the African religious cultures.

Key words: Giorgio R. Cardona; Anthony Wade-Brown; Water Carriers; Friday Ceremony; Religious Syncretism; IEMG (Italian Ethnological Mission to Ghana).

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Recensioni

Sylwia Adamczak-Krysztofowicz is a Professor Extraordinarius at the Institute of Applied Linguistics at Adam Mickiewicz University in Poznań, Poland, the Head of the Department of Intercultural Glottopedagogy, and the Vice Director of the Institute for Science and Research. Her main research interests are teaching languages, in particular the methodology of teaching German as a foreign language, intercultural language pedagogy, intercultural communication, text didactics and language andragogy. She is the author or co-author of six books and more than 35 articles.

 

Giuseppina Bonerba, dottore di ricerca in Semiotica presso l’Università di Bologna, ha svolto attività di ricerca presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi e presso il dipartimento Media & Communications della London School of Economics and Political Sciences. Attualmente è docente di Sociologia della cultura per il corso di laurea in Scienze della comunicazione dell’Università di Perugia. Le sue aree di ricerca sono: media studies, comunicazione pubblica, migrazioni, studi di genere. Tra le sue pubblicazioni: Da uomo marginale a cittadino globale. Indagine sul consumo mediale degli immigrati in Umbria (2012).

 

Eleonora Bragantini frequenta il Master di Etnologia e Antropologia sociale dell’EHESS di Parigi. Formatasi al Liceo Classico della Comunicazione Maffei di Verona, si laurea nel 2015 nel corso triennale di Storia, Antropologia, Religioni della Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza Università di Roma, con una tesi sulla Chiesa sincretica dei Water Carriers del Ghana, sotto la guida di Pino Schirripa. È stata tirocinante nell’Archivio della Missione etnologica italiana in Ghana dall’ottobre 2014 al giugno 2015.

 

Riccardo Cruzzolin è ricercatore presso l’Università di Perugia e insegna antropologia economica e politica. Si occupa di antropologia delle migrazioni e antropologia urbana. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Costruzione di località e utilizzo dello spazio pubblico da parte dei migranti (2014); Religione e spazio diasporico: il caso del culto del Señor de los Milagros a Perugia (2015); L'immaginario, l'immagine e l'immaginabile: devozione popolare e costruzione della presenza di una comunità migrante (2016).

 

Ulderico Daniele è stato assegnista (2015-2016) e docente a contratto di antropologia culturale (2012- 2013) presso il Dipartimento di Scienze della formazione dell’Università Roma Tre. Ha conseguito nel 2007 il titolo di dottore di ricerca in Etnologia e Etnoantropologia (Sapienza Università di Roma) e nel 2013 quello di dottore di ricerca in Servizio Sociale (Università Roma Tre). È membro dell'Osservatorio sul razzismo e le diversità “M. G. Favara” dell'Università Roma Tre, dell'European Academic Network on Romani Studies, nonché vice- presidente di Osservazione – Centro di ricerca e azione contro la discriminazione di rom e sinti. La sua produzione scientifica è legata principalmente al filone di studi antropologici sui gruppi rom, tema a cui ha dedicato due monografie e diversi articoli pubblicati su riviste italiane e internazionali, partecipando a convegni e collaborando a gruppi di ricerca italiani e internazionali (Marg-In, Parigi; Mig- Rom, Manchester). Monografie: Questo campo fa schifo. Etnografia dell'adolescenza rom fra periferie e scenari globali (2013); Sono del campo e vengo dall'India. Etnografia di una collettività rom ridislocata (2011). Articoli: A failed Roma revolution: conflict, fragmentation and status quo maintenance in Rome, con I. Clough Marinaro (2014).

 

Maria Fountana has a background in educational studies and ICT, BA in Philosophy, Education and Psychology, University of Athens, Greece (1999) and Ma in ICT, University of London, UK (2001). She has been a PhD cand. and research assistant in the area of technology and education at the University of Athens, Greece (2001-2003). She has been working at the Computer Technology Institute and Press “Diophantus” as an ICT in education expert undertaking research, coordination, implementation, evaluation, teacher education and other tasks since 2003. Her research interests concern innovation in education related to mobile learning, distance education, serious games, STEM and communities of practice and has been involved in numerous national and European projects. She is currently a member of the partnership of the EU-funded project RADAR – Regulating AntiDiscrimination and AntiRacism, the aim of which is to develop a training concept for legal professionals, law enforcement officials and potential victims of racist hate crime.

 

Fiorella Giacalone è professore associato presso il Dipartimento di Scienze politiche, Università di Perugia ed è coordinatrice dei corsi di laurea triennale in Servizio sociale e magistrale di Sociologia e politiche sociali. Insegna Antropologia socio-culturale e Antropologia delle relazioni interculturali. È socia dell’AISEA, della SIAM, della rete europea FER Eurethno del Consiglio d’Europa, dell’EASA. Ha insegnato nelle università di Florianopolis (Brasile), all’Ecole Pratique di Parigi, all’Università di Marrakech (Marocco), di Valladolid (Spagna). Ha vinto il “Premio Scanno per l’antropologia” nel 2014. Studia aspetti e pratiche della religiosità popolare italiana e il turismo religioso. Da anni si occupa di fenomeni migratori, studiando la comunità maghrebina e le pratiche religiose islamiche, le seconde generazioni e la relazione tra religioni e simbolismi corporei. Fa parte del gruppo italiano della ricerca europea RADAR contro il razzismo. Alcune pubblicazioni: Il corpo e la roccia (1996); Impronte divine (2012); Festa e percursos de educação intercultural, (1998); Un quartiere multiculturale (2005); Migranti involontari (con P.Falteri, 2011); Les savoirs du corps entre islam et services (2008); Les enfants d’immigrés en Ombrie (2012); Le jeu collectif: villes en fête et tournois médiévaux en Ombrie (Italie) (2013); Kantamado u Terniju: praznik i njegov grad izmedu radničke kulture, folklornih pesama i nove mondijalizacije (2014).

 

Magdalena Jaszczyk is a PhD student at the Institute of Applied Linguistics at Adam Mickiewicz University in Poznań, Poland. She specializes in the methodology of teaching foreign languages, with a particular focus on computer assisted language learning.

 

Gabriella Brigitte Klein, coordinatrice scientifica del progetto RADAR, è professore associato di Linguistica e sociolinguistica presso il Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione, Università degli Studi di Perugia. Le sue principali aree di ricerca e di pubblicazione si collocano nell’ambito della sociolinguistica <(em>Nozioni e strumenti di sociolinguistica, 2006) e riguardano la politica linguistica <(em>La politica linguistica del fascismo, 1986), la sociolinguistica urbana (con E. Amaturo, La città nei discorsi e nell’immaginario giovanile. Una ricerca socio-linguistica a Napoli, 1995) e l’analisi della conversazione (con I. Paoletti, In & Out. Procedure conversazionali e strategie comunicative di inclusione e di esclusione, 2002; con S. Caruana, Intercultural Communication In Bureaucratic and Institutional Contexts, 2008). Svolge inoltre workshop di formazione per adulti specialmente per la comunicazione interpersonale e interculturale. Oltre all’attuale progetto RADAR - Regulating AntiDiscrimination and AntiRacism (Fundamental Rights and Citizenship Programme (JUST/2013/FRAC/AG/6271), ha coordinato diversi altri progetti transnazionali nell’area della comunicazione interculturale con particolare attenzione all’ambito burocratico-istituzionale.

 

Maria Teresa Milicia è ricercatrice e professore aggregato di Antropologia culturale nel Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità dell’Università di Padova. L’area principale di ricerca sul campo è il Sud Italia dove ha lavorato sulla costruzione politica e sociale delle identità locali nel contesto simbolico delle apparizioni mariane. Il tema attuale di ricerca etnografica è il caso della richiesta di repatriation del cranio di Giuseppe Villella al Museo Cesare Lombroso di Torino da parte del comune calabrese di Motta Santa Lucia e del movimento “No Lombroso”, che apre al confronto con le politiche di affermazione identitaria su scala globale.

 

Stefano Maltese è Dottore di ricerca in Scienze Storiche e Antropologiche presso l’Università degli Studi di Verona e membro della Missione etnologica italiana in Ghana (MEIG). Tra il 2008 e il 2010 ha curato la progettazione e la realizzazione degli allestimenti del Fort Apollonia Museum. Dal 2011 figura tra i promotori del progetto di digitalizzazione e descrizione dei materiali d’archivio della MEIG. Più recentemente ha coordinato in Ghana interventi di riordino e digitalizzazione degli archivi del potere tradizionale nzema nell’ambito di due progetti di cooperazione culturale finanziati dalla British Library, nel quadro dell’Endangerd Archives Programme. Si occupa attualmente degli assetti storico-politici del potere consuetudinario in area nzema e del rapporto tra fonti scritte e orali nella definizione del conflittuale orizzonte storico locale.

 

Eloísa Monteoliva is a PhD candidate at CTISS, Heriot-Watt University. Her PhD explores interpretermediated interaction in police interviews with transparent language constellations. She holds a degree and a M(Res) in Translation and Interpreting by the University of Granada, and a MSc in Teaching Spanish as a Foreign Language by CIESE/University of Cantabria. She has worked as a sworn translator and interpreter since 2007, taught Spanish and Interpreting courses since 2011 and collaborated in several research projects exploring interpretermediated interaction in police settings. She is currently conducting a bibliographic study of legal and judiciary interpreting research under the financial support and guidance of the Society for the Study of Translation and Interpretation.

 

Cecilia Pennacini insegna Etnologia dell’Africa, Antropologia visiva e Antropologia dei media nell’Università di Torino. Dal 1988 svolge ricerche nella regione africana dei Grandi Laghi (in particolare nella Repubblica Democratica del Congo, in Burundi, in Tanzania e in Uganda) su temi relativi all’antropologia visiva, simbolica e religiosa e allo studio del patrimonio culturale. Dal 2004 dirige la Missione etnologica italiana in Africa Equatoriale (Ministero degli Affari Esteri). Ha pubblicato numerosi articoli scientifici e volumi, tra cui Kubandwa. La possessione spiritica nell’Africa dei Grandi Laghi (2012), Filmare le culture. Un’introduzione all’antropologia visiva (2005), e ha realizzato diversi documentari etnografici tra cui Kampala Babel (2008).

 

Sarah Sciò è dottoranda di ricerca in Politica, Politiche Pubbliche e Globalizzazione presso l’Università degli Studi di Perugia. La ricerca verte sul ruolo delle donne nella società civile iraniana, il rapporto madri/ figlie, le differenze intergenerazionali, nonché il difficile rapporto dei giovani iraniani con l’Islam in quanto religione di stato. Si è anche occupata delle feste del maggio con particolare attenzione al Cantamaggio ternano, mentre in ambito internazionale ha svolto ricerche in Medio Oriente con specifica attenzione al rapporto tra la minoranza araba cristiana e musulmana a Gerusalemme all’interno del difficile contesto socio, politico e internazionale della Palestina. Nel 2012 ha frequentato due differenti corsi di storia ame- ricana e governo e politica americana alla National Louis University di Chicago (USA). Tra il 2014 e 2015 si è recata in Iran per diverse ricerche sul campo.

 

Dario Scozia è laureato in Discipline Etno-antropologiche presso la Sapienza Università di Roma. Membro della Missione etnologica italiana in Ghana dal 2012, ha contribuito ad avviare e successivamente coordinato gli interventi di digitalizzazione dei documenti della Missione. Ha preso parte ai progetti dell’Endangered Archives Programme mirati alla salvaguardia degli archivi della chieftaincy nzema.

 

Stavroula Sokoli is a researcher on Audiovisual Translation and Language Learning with more than 20 publications on the subject. She has initiated and coordinated the EU-funded projects “Learning via Subtitling” <(a href="http://levis.cti.gr">http://levis.cti.gr) and “ClipFlair – Foreign Language Learning through Interactive Revoicing and Captioning of Clips” (www.clipflair.net). She collaborates in numerous national and EU-funded projects, including the “Academic and Research Excellence Initiative in Greece” <(a href="http://excellence.minedu.gov.gr">http://excellence.minedu.gov.gr), “RADAR – Regulating AntiDiscrimination and AntiRacism” and “MOVEME - MOOCs for University Students on the Move in Europe” <(a href="http://movemeproject.eu">http://movemeproject.eu). Stavroula teaches Spanish at the Hellenic Open University and gives subtitling courses at the Universitat Pompeu Fabra and the Universitat Autònoma de Barcelona, besides her work as a freelance subtitler and interpreter, http://independent.academia.edu/ StavroulaSokoli; http://www.linkedin.com/in/sokoli.

 

Katerina Strani is Assistant Professor and Head of the Cultural Studies section at the Department of Languages and Intercultural Studies, Heriot-Watt University, UK. Her background is in Languages and Political Theory; she holds a First Class Honours MA in Interpreting and Translation (French and Russian), an MSc in International and European Politics and her PhD thesis focused on communicative rationality in the public sphere. She is interested in how multilingualism and multiculturalism affect contemporary society and politics at all levels. She has published papers on communicative rationality, the public sphere and intercultural dialogue. She is the UK coordinator of the EU-funded project RADAR – Regulating Anti- Discrimination and AntiRacism, the aim of which is to develop a training package for legal professionals, law enforcement officials and potential victims of racist hate crime. She is a Member of the Chartered Institute of Linguists, the Political Studies Association, the International Communications Association and the University Association of Contemporary European Studies.

 

Anna Szczepaniak-Kozak is an Assistant Professor at the Institute of Applied Linguistics at Adam Mickiewicz University in Poznań, Poland. She obtained her PhD in English linguistics from the Faculty of English of the same university. Her main research interests are within the field of applied linguistics, namely interlanguage (acquisitional) pragmatics, foreign language instruction and intercultural studies. She is the author of two books, the co-editor of six monographs, and the author of around 40 scientific papers.